K-Way a Pitti Uomo 97
Moda

K-WAY A PITTI UOMO 97, SFILA LA STORIA DELLA GRIFFE

La storia del marchio K-Way sfila a Pitti Uomo 97. Il debutto a Firenze per festeggiare cinquantacinque anni di successi

K-Way porta a Pitti Uomo 97 la vera essenza dello sportswear. La Maison francese, fondata nel 1965 da Léon-Claude Duhamel, calca la passerella per la primissima volta, raggiungendo un grado di soddisfazione eccellente.

Marco Boglione, attuale proprietario dell’azienda e del gruppo Basicnet, si dice positivo per il debutto del brand comunicando, inoltre, le future capsule collection dalla primavera al futuro.

La collezione autunno/inverno 2020-21, presentata in co-ed, esibisce il meglio del suo archivio. In passerella sfilano mantelline, impermeabili, parka, peacot e trench. Capi essenziali nella produzione K-Way che, per questo progetto, si impreziosiscono check e maxi logo.

Il defilé, presentato nei meandri di Palazzo dei Valori di Firenze, è dinamico. Veloce. Rappresenta la storia essenziale di un marchio nato per una semplice intuizione. K-Way, infatti, prende vita durante una giornata uggiosa, la solita in Francia. Duhamel, commerciante abile, intuisce come un indumento possa sostiture un semplice ombrello, più vulnerabile alle intemperie.

Così, crea un capo impermeabile e con cappuccio, capace non solo di proteggere dalla pioggia, ma anche di essere portato sempre con sé, grazie ad una tasca che diventa un pratico marsupio.

La collezione, disegnata dall’ufficio interno del marchio, promette bene. Nel nome della sua storia, appunto. Quella del suo capo icona, il K-Way, indumento evergreen che non passerà mai di moda.

 

La storia di K-Way è consultabile sull’Enciclopedia della Moda di MAM-e.it

Un breve estratto.

Il marchio K-Way nasce a Parigi nel 1965. Durante una giornata di maltempo, il giovane imprenditore Léon-Claude Duhamél – seduto sulla terrazza del Cafè de la Paix – osserva i passanti infagottati in pesanti abiti da pioggia, con le mani occupate a reggere ombrelli. Tra loro c’è una donna con due bambini, coperti da una specie di abito in nylon rosso. Duhamél prende un appunto sul proprio taccuino e, qualche tempo dopo, si chiude nel laboratorio del padre, che ha una piccola fabbrica a Pas-de-Calais, nel Nord della Francia.

Ne esce con una giacca a vento rivoluzionaria: leggera, comoda e impermeabile che, con il bel tempo, si ripiega in una tasca-marsupio e si lega intorno alla vita. Il prodotto è subito lanciato sul mercato francese e il primo anno di commercializzazione è boom: 250 mila pezzi venduti.”

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