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Design,  Architettura

PARLIAMO DI ARCHITETTURA MODERNA CON STEFANO BOERI

A Mantova l’architetto e progettista, storico e critico François Burkhardt già direttore di grandi istituzioni culturali (dalla Kunsthaus di Amburgo al Centre Pompidou di Parigi) e di riviste (Domus) in concomitanza con il Festivaletteratura ha presentato un libro dal titolo “Dalla certezza alle incertezze” sull’evoluzione dell’architettura moderna.

 

Il punto del volume, secondo Burkhardt è, il prevalere nell’architettura di uno stile per così dire libertino del costruire, come se fosse un gioco o uno spettacolo. Un fare per sé e non per chi userà gli edifici. Godiamo di una grande libertà compositiva rispetto ai rigidi precetti del razionalismo, ma la libertà è usata male. Tanti gli esempi di edifici spettacolari a gloria delle Archistar lasciando in secondo piano i bisogni di chi ci deve lavorare o abitare. Men che meno, a volte, è considerato il tessuto sociale nel quale si inseriscono alcune grandi costruzioni moderne.

Su questo punto specifico abbiamo intervistato l’Architetto Stefano Boeri che con il suo Bosco Verticale ha realizzato una delle strutture più innovative a livello mondiale.

Credo che il modo migliore di procedere per noi architetti sia quello di interrogarsi sempre sull’utilità sociale della nostra professione di architetti anche quando non si interviene su una scuola, un ospedale o un edificio pubblico. Certamente è più difficile quando il committente è un privato e chiede di progettare un edificio destinato ad un target elevato, una villa o un resort esclusivo.

Ma il termine utilità sociale può essere declinato in termini diversi, a volte anche un edificio di lusso può diventare un modello di riferimento per alcune ricerche ed innovazioni che hanno bisogno di un grande investimento per poi essere riutilizzate in altri ambiti.

Così è stato per il Bosco Verticale che mi ha permesso di realizzare un prototipo di una architettura mai fatta, con alberi a 150 metri di altezza, sperimentazioni con gallerie del vento a Miami per testare la resistenza degli impianti. Il committente ed i clienti finale sono stati in grado di accettare un costo che comprendeva non solo la costruzione ma tutta la sperimentazione delle novità.

Oggi stiamo facendo un libro con tutte le novità tecniche e sperimentali ben disposti a diffonderle accettando che vengano “copiate” e magari migliorate. In sostanza con questo prototipo speriamo di aver assolto ad un’utilità sociale, non tanto delle famiglie che hanno potuto permettersi di abitarci ma creando un riferimento estetico e nuovo per Milano ma anche a livello internazionale da dove ci viene richiesto di pensare a edifici simili per contribuire a ridurre l’inquinamento atmosferico.

In conclusione l’utilità sociale di una costruzione può non essere immediatamente percepibile ma va sempre considerata anche in chiave di proiezione futura evitando così autocelebrazioni personali

 

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